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UN’IPOTESI PLAUSIBILE
PER METTERE IN RELAZIONE
PERSONAGGI PROBLEMATICI
DEL NUOVO TESTAMENTO

Barabba, Barnaba, Giuseppe di Arimatea, Alfeo:
questi nomi celano fratelli e patrigno di Gesù?

© 2006 - Mangla


Il nostro ragionamento parte dal Vangelo di Matteo (27,56) e da quello di Marco, dove Maria è descritta come madre di Giacomo e Joses (Giuseppe), che insieme a Simone lo Zelota e Giuda sono chiamati fratelli di Gesù:

 

«E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: "Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?". E si scandalizzavano di lui». (Marco 6,2-3)

 

Il fatto che Gesù avesse almeno quattro fratelli e delle sorelle porta alla domanda: da dove arrivavano tutti? Anche se accettiamo che Maria fu una vergine quando fu concepito Gesù, niente suggerisce che rimase tale dopo la sua nascita. Possiamo solo supporre che fece nascere altri figli in modo normale, come risultato di rapporti sessuali con il marito. La domanda è: quale marito? Giuseppe il carpentiere, descritto nello stesso paragrafo come il padre di Gesù?
Oltre la natività, nel Nuovo Testamento non si dice molto di questo Giuseppe. Tuttavia nei Vangeli Apocrifi si chiarisce che all'epoca del matrimonio con Maria era già vecchio:

 

«L'ultimo bastone fu preso da Giuseppe e dal bastone uscì una colomba e volò sulla sua testa. E il sommo sacerdote disse: "Giuseppe, tu sei il prescelto per sposare la vergine del Signore, per preservarla, per lui": ma Giuseppe rifiutò, dicendo "sono troppo vecchio, e ho dei figli, ma lei è giovane e io temo di rendermi ridicolo in Israele". [...] Giuseppe era spaventato, ma la portò in casa sua e Giuseppe disse a Maria "Ti ho presa dai tempio del Signore e ora ti lascerò nella mia casa; devo andare al mio lavoro di costruttore. Il Signore sia con te"». ("Natività di Maria" 8,1 e segg.)

 

Il riferimento a Giuseppe che continua il suo lavoro di costruttore è molto appropriato. Il termine "carpentiere", che ricorda l'immagine di una piccola bottega di falegname, dà un'impressione completamente sbagliata del suo lavoro. Infatti nell'originale greco dei Vangeli Giuseppe è descritto come un tekton, che significa "costruttore". Alla sua età era probabilmente un capo costruttore, quello che oggi definiremmo un "architetto".
Poiché il tempio di Erode fu iniziato nel 20 a.C., in un momento in cui possiamo supporre che Giuseppe fosse all'apice della carriera, non è inverosimile che fosse uno dei costruttori, quando non l'architetto capo del progetto. Questo spiegherebbe perché fosse noto ai sommi sacerdoti e come incontrò Maria, secondo gli Apocrifi una «guardiana del Tempio». Dato che era anziano all'epoca del matrimonio — che forse avvenne nell'anno 8 a.C. —, probabilmente morì non molti anni più tardi, lasciando vedova la giovane Myriam. Se è andata così, l'ipotesi che Maria si sia risposata non è assolutamente impropria.
Ne abbiamo la conferma da altre prove contenute nel Nuovo Testamento. Unendo i testi dei diversi Vangeli riusciamo a trovare qualcosa sullo status di Maria all'epoca della predicazione di Gesù. Per esempio, fra i dodici Apostoli ne troviamo due chiamati Giacomo; uno di questi è «fratello di Giovanni» e «figlio di Zebedeo». L'altro, che deve essere lo stesso «Giacomo il fratello del Signore» è descritto da Matteo (10,3) e negli "Atti degli Apostoli" come «Giacomo il figlio di Alfeo» (in realtà scritto Alphaios nell'originale greco). Poiché Maria fu la madre di questo Giacomo (Marco 15,47), si deduce che il padre, Alfeo, fosse suo marito. Se cerchiamo ulteriori riferimenti ad Alfeo troviamo che viene descritto come «il padre di Levi», l'esattore delle tasse, che sembra corrispondere sia a Matteo sia a Giacomo:

 

«Nel passare, vide Levi, il figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi"». (Marco 2,14)

 

Da tutto questo possiamo dedurre che Gesù ebbe cinque fratelli (compreso Levi/Matteo) e almeno due sorelle. Alcuni — se non tutti — erano figli di Alfeo che, se non si può identificare con «Giuseppe il carpentiere», è chiaramente il secondo marito di Maria.
Siamo anche in grado di tracciare un abbozzo di albero genealogico della famiglia di Gesù, al quale dobbiamo aggiungere i cugini, i figli di Zebedeo da parte della sorella di sua madre. Poiché solo Giacomo e Giuseppe sono con certezza descritti dai Vangeli come figli di Maria e Alfeo, non possiamo essere certi che Simone, Giuda e Levi (Matteo), e le sorelle (una delle quali sembra essere la Salomé presente alla Crocifissione) non siano figli né di Alfeo da un precedente matrimonio e neppure di Maria e Giuseppe "il carpentiere". Tuttavia, poiché questo particolare non incide in alcun modo sul ragionamento, li includiamo tutti come figli di Maria e Alfeo. Erano tutti membri della famiglia allargata di Gesù, con Alfeo come patriarca della casata (è curioso notare come numerosi antichi poemi britannici dichiarino che Gesù fu il «figlio di Alpha»: ossia di Alfeo?).
La nostra domanda è: chi fu questo Alfeo? Di nuovo non abbiamo una prova definitiva, ma possiamo, attraverso un processo deduttivo, trarre conclusioni ragionevoli. Il nome Alfeo è greco e sembra avere due possibili etimologie, probabilmente entrambe allusive e che sottintendono un gioco di parole. La prima, che piace molto agli esoteristi (e perciò non piace a noi), sarebbe un riferimento al fiume Alfeo, il principale corso d'acqua del Peloponneso, che nasce nell'Arcadia centrale; questo fiume era considerato speciale perché, in tempi antichi, si credeva che scorresse in grotte sotterranee e passasse sotto il mare per poi tornare alla luce come acqua di una fontana a Siracusa, la città siciliana. Per analogia, gli esoteristi dichiarano che Alfeo rappresenta la "segreta linea di sangue [il fiume] che arrivò in origine dal mare". Lasciamo perdere: fa parte delle fandonie di Baigent-Leigh-Lincoln a sostegno delle loro tesi su Rennes-le-Château e la "stirpe di Gesù e Maddalena"... Una seconda spiegazione, più realistica, è che Alfeo significhi semplicemente "capo" o "capostipite", letteralmente l'alfa (aleph in ebraico), la prima lettera di abba, "padre". Sarebbe un riferimento ad "Alfeo" (o l'uomo della A) in quanto capo o padre della famiglia. Chiamare Giacomo il «figlio di Alfeo» sarebbe quindi l'equivalente greco di «figlio del capo famiglia», come chiaramente era Giacomo. Chi fu questo capostipite o patriarca di cui si parla in termini tanto indiretti e che tuttavia sembra avere avuto un ruolo importante? Per quanto ci si possa spremere le meningi, c'è in effetti un solo candidato: l'uomo altrimenti conosciuto come Giuseppe d'Arimatea.
Esistono numerosi manoscritti — come il Cotton MSS "Titus" conservato alla British Libraries — in cui Giuseppe d'Arimatea viene descritto come paraninfo della vergine Maria. Questo termine greco è spesso tradotto come "paggio della sposa" e implica un ruolo simile a quello della damigella d'onore, anche se è difficile immaginare che cosa significasse; la traduzione letterale, e forse più logica, è: «uno che sta al fianco della sposa». Se è così, può significare solo una cosa: ne era il marito.

Un buon motivo per credere che Giuseppe di Arimatea fosse il marito di Maria non è solo la sua presenza alla Crocifissione ma anche che avesse l'autorità per recarsi da Pilato e chiedere il corpo di Gesù per seppellirlo nella propria tomba. È del resto difficile immaginare come qualcuno che non fosse il capo della famiglia avesse l'autorità per chiedere una cosa simile — per tacer del fatto che, abbastanza sorprendentemente, la sua richiesta fu accolta —. Giuseppe di Arimatea non era uno degli apostoli conosciuti di Gesù, e non fu neanche un fratello sopravvissuto che prese il ruolo di capo della famiglia. La forte possibilità che Giuseppe d'Arimatea sia Alfeo ha più senso della diffusa ipotesi che fosse un "fratello sconosciuto di Maria", anche se è possibile che Gesù lo considerasse una specie di "zio" anziché una figura paterna. In modo significativo, Alfeo o Giuseppe sembra aver avuto almeno due figli da Maria, uno dei quali si dimostrerà fra poco molto importante.

Nel Nuovo Testamento gli iniziali Dodici Apostoli sono chiamati Simone "Kepha" (Pietro), Andrea, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Tommaso, Levi (o Matteo), Giacomo ("il minore"), Giuda (detto forse anche Taddeo o Lebbeo), Simone ("lo Zelota", o cananeo) e Giuda Iscariota. È ovvio che fossero suddivisi in due grandi gruppi: gli antichi discepoli di Giovanni il Battista e i membri della "famiglia allargata" di Gesù. Del primo gruppo fanno parte Simon Pietro, suo fratello Andrea, Filippo e probabilmente Bartolomeo e Tommaso. Appartengono alla famiglia di Gesù i fratelli Giacomo "il minore", Giuda, Simone "lo Zelota" e Matteo/Levi, insieme ai cugini Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo. Giuda Iscariota potrebbe appartenere a un altro gruppo perché è descritto come «il figlio di Simone», e non è chiaro se si trattasse di Simon Pietro, di Simone "lo Zelota" o di qualche altro Simone di cui non sappiamo niente. Quindi almeno sei, forse sette, degli originali "Dodici" furono membri della famiglia. Tuttavia dall'elenco degli Apostoli manca un nome importante: quello dell'altro fratello di Gesù, Joses (o Giuseppe) che, come Giacomo "il minore", è certamente un nome che appartiene a un figlio di Maria e Alfeo. Perché solo lui non sarebbe incluso nei Dodici?
Mi sembra che in molti brani del Nuovo Testamento si alluda alla risposta, particolarmente nel racconto della Crocifissione. Quando Gesù viene processato da Pilato, quest'ultimo vorrebbe rilasciarlo grazie alla presunta tradizione che un prigioniero, su scelta del popolo, fosse liberato il giorno della Pasqua ebraica (tradizione della quale non esiste alcuna traccia storica e la cui unica menzione è quella dei Vangeli). Come che sia, la folla chiese a gran voce qualcun altro chiamato "Barabba", con il risultato che fu quest'ultimo a essere liberato. Nel Vangelo di Matteo questo Barabba è descritto come un prigioniero "illustre" (l'aggettivo è in realtà epishmon oppure episemon, che significa "ufficiale"), mentre Giovanni lo chiama "ladro". Piuttosto, sembra che fosse un noto (vale a dire documentato) dissidente, perché il Vangelo di Marco (15,6-7) dice:

 

«Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta. Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio».

 

La ribellione di cui parla il più antico Evangelista potrebbe essere l'avvenimento documentato da Giuseppe Flavio (lo storico degli Ebrei), quando Pilato, poco dopo la sua nomina nel 26 d.C., provocò una tensione diffusa in Giudea perché insistette per portare le insegne romane a Gerusalemme. Potrebbe altrimenti trattarsi di un'altra ribellione, anch'essa citata da Flavio, avvenuta poco dopo perché Pilato aveva usato il "tesoro sacro" per costruire un nuovo acquedotto. Tale evento provocò molte morti quando una folla inferocita di dimostranti fu ridotta alla sottomissione dai soldati romani. È possibile che il Barabba del Nuovo Testamento fosse uno dei capi di questa dimostrazione. Ad ogni modo, il nome Barabba, che significa "figlio del padre" (bar = figlio, abba = padre), è senz'altro un soprannome (come Kepha o Cefa, "roccia", per Pietro), da intendersi come una descrizione e non come un nome proprio. Le due domande dunque sono: quale fu il vero nome di questo Barabba, e chi fu suo padre?
Secondo il famigerato best-seller del trio Baigent-Leigh-Lincoln, il padre di Barabba fu Gesù e i Giudei dovettero scegliere fra padre e figlio: il "sofferente Messia" o il suo erede. Che avrebbe dovuto essere giovanissimo (anche troppo, per essere già un "criminale" carcerato): se Gesù morì a 33 anni, questo erede potrebbe aver avuto plausibilmente dai 17 anni in giù...


C'è però un'altra possibilità. Che nessuno ha mai preso in considerazione.
L'abba in questione potrebbe essere il patriarca della Sacra Famiglia: Alfeo. Abbiamo visto come Gesù sia figlio di Maria, ma non di Alfeo, e che Maria ebbe almeno due figli da Alfeo, Giuda e Giuseppe (Joses). Il «figlio del padre» potrebbe quindi essere uno di loro, e l'identificazione più probabile è quella con Giuseppe. Anzi, come vedremo, forse è la sola possibile. Se fosse così, la scelta offerta agli Ebrei da Pilato fu tra due fratelli, l'uno un profeta poco ortodosso (Gesù) e l'altro un prigioniero politico (Giuseppe "Barabba", figlio di Alfeo). E così acquisterebbe un senso l'esclusione di Giuseppe bar Abba dall'elenco dei Dodici Apostoli perché, a differenza dei suoi fratelli Giacomo, Simone, Levi e Giuda, sarebbe stato in prigione per la maggior parte del ministero di Gesù, se non tutto (un anno per i Vangelli Sinottici, tre anni secondo quello di Giovanni); non solo, ma se fosse stato veramente la "pecora nera" della famiglia (un ladro, o addirittura un assassino politico), sarebbe stato inadeguato per il compito di apostolo.

La questione successiva è: che cosa accadde a Barabba dopo il rilascio? Una risposta possibile si può trovare nel primo capitolo degli "Atti degli Apostoli", che descrive come i discepoli si raccolsero per eleggere un nuovo apostolo che prendesse il posto di Giuda Iscariota che, dopo il tradimento, si era impiccato. Si presentano due candidati: uno è Mattia (che vince quando gli Apostoli estraggono a sorte) e l'altro è «Giuseppe detto Barsabba, soprannominato il Giusto». Negli Atti (15,22) si trova un «Giuda chiamato Barsabba [...] tenuto in grande considerazione tra i fratelli»: fu mandato con Sila ad accompagnare Paolo/Saulo di Tarso ad Antiochia. Se, come sembra ragionevole, supponiamo che Giuseppe "Barsabba" e Giuda "Barsabba" fossero fratelli, vale la pena di considerare attentamente il loro soprannome, quasi identico a "Barabba". Sappiamo anche che Giuseppe, il figlio di Maria, aveva un fratello chiamato Giuda, anch'egli figlio di Alfeo — ossia Abba, e dunque bar-abba —. Sembrerebbe quindi che il Giuseppe Barabba che fa domanda per il posto reso vacante da Giuda Iscariota, e il Barabba rivoluzionario ormai libero, fossero la stessa persona: Giuseppe, figlio di Alfeo e fratello di san Giuda.
Ma c'è un altro candidato per l'identità di Giuseppe, il fratello di Gesù, ed è qualcuno chiamato Joses (Giuseppe) Barnaba. Chiese anch'egli di diventare apostolo e, per persuadere gli altri ad accettarlo, vendette un campo e lasciò i soldi che aveva guadagnato ai loro piedi.

 

«E così Giuseppe, soprannominato di apostoli Barnaba, che significa "figlio dell'esortazione", un levita originario di Cipro, che era padrone di un campo lo vendette e ne consegnò l'importo deponendolo ai piedi degli apostoli». ("Atti degli Apostoli" 4,36-37)

 

La storia di come Barnaba diventò un apostolo è profondamente simbolica, perché quando Giuda tradì Gesù, lo fece per trenta monete d'argento; provando rimorso per quello che aveva fatto, o forse rendendosi conto che nessuna somma di denaro avrebbe compensato il fatto di essere un reietto, Giuda cercò di restituire l'argento ai sacerdoti che lo avevano pagato:

 

«Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero "non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue". E, tenuto consiglio, comprarono con esso il campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri». (Matteo 27,5-7)

 

La vendita di un pezzo di terra da parte di Barnaba e la consegna del denaro come donazione agli Apostoli sembrerebbe una sorta di ricompensa, un riconoscimento che il debito di Giuda avrebbe dovuto essere pagato se lui avesse voluto occuparne il posto. Appare plausibile che Giuseppe Barabba e Barabba siano la stessa persona. Se così fosse, capiremmo perché il suo soprannome sia di nuovo cambiato in Barnaba, "figlio dell'esortazione". Una traccia è costituita da una scena curiosa che si svolge alla fine della crocefissione di Gesù, in cui egli sembra dare in adozione sua madre a un discepolo, generalmente identificato con san Giovanni Evangelista:

 

«Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo figlio!". Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!". E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa». (Giovanni 19,25-27)

 

Si possono fare molte considerazioni a proposito di questa scena. Prima di tutto la parola tradotta come "casa" non ha questo significato. In greco è idia, che sembra un gioco sulla parola ide, che significa "prendersi cura". Una traduzione più corretta potrebbe essere che il discepolo prese Maria "sotto le sue cure", vale a dire la riconobbe per quel che era: sua madre. Secondo, non sappiamo se fu Giovanni Evangelista a cui Gesù si rivolse come al «discepolo che amava»; Giovanni non aveva necessità di essere adottato più di Maria, che aveva altri figli a cui rivolgersi. Tuttavia, se l'amato discepolo in questione fosse veramente Joses, il fratello di Gesù, e se lo si identificasse con Barabba, questo passaggio acquisterebbe senso: liberato di recente da una condanna a morte, probabilmente si trovava ancora in uno stato emotivo molto alterato. Possiamo immaginarlo pieno di sensi di colpa e di rimorso per aver assistito alla morte di Gesù ed esitante nell'avvicinarsi alla croce. Nel frattempo Maria doveva essere profondamente combattuta: da una parte era devastata dal dolore (assisteva alla crocefissione del figlio, al culmine delle torture della Passione), d'altro canto avrebbe dovuto essere sollevata perché il figlio ribelle Giuseppe/Barabba era stato liberato. Figlio e madre non sapevano come comportarsi in una situazione tanto difficile. L'interpretazione che si può dare all'intero episodio è che, chiedendo al «discepolo amato» di prendersi cura della madre, Gesù abbia cercato di effettuare una riconciliazione; avere di nuovo con sé Giuseppe, il figlio perduto, per Maria poteva rappresentare un'importante "consolazione", e riusciamo così a capire perché il nome di Giuseppe fu cambiato da Barsabba/Barabba a Barnaba ("figlio dell'esortazione": l'esortazione effettuata da Gesù dalla croce).
In ogni caso, Joses Barnaba più tardi accompagnò Paolo in molti viaggi, compreso quello ad Antiochia, quando si unirono a un gruppo di cui faceva parte Giuda "Barabba". Questo rende ancora più che plausibile che Joses Barnaba fosse Giuseppe Barabba, un fratello di questo Giuda.
L'identificazione di Barnaba con Giuseppe, figlio di Maria e Alfeo, pone la questione di come potesse essere anche un «levita di Cipro». La precisazione che Barnaba fosse un levita può significare che fosse un prete, anziché un membro di una tribù diversa, e in ogni caso non è da escludere che questo Giuseppe fosse nato a Cipro.