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Piccolo trattato sull’esistenza degli Editori

 

Chiunque scrive libri o fa musica si chiede da sempre: ma l'Editore è una leggenda o esiste realmente?

Sono state formulate svariate congetture sull'esistenza o meno di queste particolari forme di vita, e anche recentemente perfino il parlamento italiano si è interrogato in materia (nella foto, uno dei più potenti uomini politici della penisola colto durante lo sforzo), senza però giungere ad una conclusione univoca.

 

Come si è arrivati al mito delle "Case Editrici"?

 

Dai libri medesimi. È la presenza di speciali simboli grafici sui volumi stampati (generalmente posizionati in basso al centro nelle copertine, e simili a marchi industriali) a suggerire che qualcosa di molto vicino ad un "pubblicatore" — ossia ad una "fonte editante, stampante e distribuente" a monte — debba per forza trovarsi all'origine del processo Autore-Libro-Libreria-Lettore.
Chiunque possegga un libro in casa può rendersene conto, e in ogni caso nelle prime pagine di ogni pubblicazione si riesce a reperire anche, sempre più spesso, perfino un indirizzo internet dietro al quale si cela un sito web perfettamente funzionante e navigabile (ecco alcuni esempi: Piemme, Minimum Fax, Corbaccio...).
Chi tiene in vita questi siti? Chi rifornisce librai, edicole e supermarket? Non possiamo escludere a priori che le entità chiamate Case Editrici esistano realmente, un fondo di verità sembra esserci: pertanto cerchiamo di capirne di più.

Nuove, importanti conferme dell’esistenza degli Editori sembrerebbero venire dalle remote vette dell’Himalaya. Lo ha rivelato lo zoologo Franco Tassi, citando il New Scientist, il quale ha pubblicato la notizia delle analisi fatte da un laboratorio specializzato di Oxford sul Dna di peli rinvenuti nelle zone dove si segnalava la presenza di tali esseri. «Le analisi rivelano che quei peli non appartengono ad alcun animale noto alla scienza» osserva Tassi, che non esclude ipotesi di qualche uomo di Neanderthal sopravvissuto nei recessi più nascosti del pianeta.
Quella dell'Editore è una storia più volte scritta da esploratori, alpinisti, scienziati e mistici; in tanti giurano di averne visto uno, e qualcuno è riuscito anche a fotografarlo (nell'immagine a sinistra, un presunto esemplare australiano di 4 kg, catturato nel 1977). Gli sherpa ne indicano addirittura tre diversi generi: il thelma, di taglia piccola; lo dzuteh, una specie di gigante, che si dice sia vegetariano e solo in rari casi attacchi gli scrittori; il mi-teh, carnivoro, aggressivo e addirittura pericoloso per i lettori. Per i criptozoologi, studiosi che si occupano di animali ritenuti estinti, l'Editore sarebbe una realtà, mentre per molti altri scienziati si tratterebbe di un puro mito, o nella migliore delle ipotesi di un orso del Tibet, come peraltro sostiene lo scalatore Reinhold Messner, che nel 1986 si trovò faccia a faccia con uno di questi plantigradi alla guida di una macchina tedesca e gli urlò «Ei-n'audi!» (traducibile con "Ehi, una Audi!", anche se foneticamente la mitologia ricollega l'episodio ad una delle più grandi leggende editoriali, la Casa Editrice degli Struzzi).
L’antropologia, la paleontologia e la stessa biologia fanno fatica a ritenerne plausibile l'esistenza; una piccola parte della comunità scientifica lascia aperta almeno una finestra all’ipotesi, mentre la maggioranza si arrocca dietro un perentorio «impossibile» che azzera ogni speranza. Solo i criptozoologi resistono, continuando a cercare, a rileggere antiche cronache di viaggio, a scavare nelle memorie dei tipografi. I mass media dedicano sempre volentieri al tema un po’ di spazio perché si tratta di una creatura che solletica la fantasia, che aiuta ad immaginare l’esistenza di un pezzo di mondo ancora sconosciuto, velato di mistero. Un “paese che non c’è”, una “terra di mezzo” dove il bieco antropocentrismo di cui siamo spesso portatori dimostra tutta la sua fragilità...

 

Un'altra famosa ipotesi vuole che gli Editori siano di origine non-terrestre.

 

UFE è l'acronimo inglese per Unidentified Flying Editor o Unknown Flying Editor, ovvero editore volante non identificato (in italiano, e in generale nelle lingue neolatine, l'acronimo è appunto EVNI). È assai popolare anche il termine "disco volante" (dall'inglese flying saucer, letteralmente piatto volante), utilizzato a partire dagli Anni Trenta del XX secolo per definire una particolare branca della leggenda, quella riguardante gli Editori di Musica, conosciuti anche come "Case discografiche" (sebbene la forma dei presunti UFE non sia sempre discoidale o lenticolare, ma in molti casi oblunga o a sigaro: nella foto qui a destra, quello amorfo immortalato di passaggio sul set fotografico per una pubblicità di copri-capezzoli). Con questo termine ci si riferisce in genere ad oggetti volanti che né l'osservatore, né le autorità di pubblica sicurezza e neppure eventuali ricerche di studio, siano riusciti a ricondurre con certezza all'identificazione con oggetti di tipo artificiale (come velivoli e satelliti artificiali) o fenomeni naturali (pianeti, stelle cadenti, meteore, fulmini globulari, altri fenomeni atmosferici). Benché la definizione di UFE non postuli la natura dell'oggetto ma ne evidenzi solo la mancata identificazione, esiste un variegato movimento d'opinione che ne vuole l'origine aliena: il termine attiguo "ufo" è del resto comunemente utilizzato dai media, nella fiction e nella fantascienza, per indicare navi spaziali di ipotetica provenienza extraterrestre.
Gli avvistamenti di UFE sono stati spesso effettuati da personale dell'aviazione civile e militare, oltreché da persone comuni; le visioni sono state a volte accompagnate da filmati, tracciati radar, fotografie, caratteri tipografici, cianografiche, fotolito, oltre che da testimonianze dirette di autori in cerca di pubblicazione per le loro opere. Questo tipo di documentazione si è spesso rivelata oggetto di palese falsificazione, in particolare per quanto riguarda le copertine dei libri (nel senso di cover rese ad arte identificabili con il logo di un Editore e perfino con un falso codice a barre Isbn, per destare, con finalità varie, l'interesse popolare).
Il primo avvistamento di massa di un Unidentified Flying Editor avvenne il 7 gennaio 1948 intorno alle 14, quando a Mondadoriville, negli USA, molte decine di persone videro un oggetto circolare che emanava una luce rossa sorvolare la libreria della città. Dall'aeroporto militare di Fort Knox si levò una squadra di aerei da caccia P-51, guidata dal tenente colonnello Thomas Mantell, per inseguire l'oggetto. I velivoli erano però sprovvisti di occhiali e il capomissione, che inseguì l'UFE fino ad alta quota, secondo la versione ufficiale rimase vittima della manovra dopo aver comunicato alla torre di controllo di «trovarsi di fronte ad un oggetto metallico di enormi dimensioni, che seminava libri». Secondo la versione dell'esercito, Mantell avrebbe avuto delle allucinazioni per l'alta quota, scambiando per un Editore il pallone meteorologico della marina "Sky Hook". Sempre la carenza di ossigeno gli avrebbe fatto perdere conoscenza, provocando l'incidente aereo.

 

Anche la Psicologia è andata alla ricerca delle radici del mito.

 

Il pioniere della psicologia del profondo, Carl Gustav Jung, nei suoi scritti si occupò più volte del fenomeno Editori e in particolare nel celebre saggio "Un mito moderno: le cose che si vendono in libreria", interpretandoli come rappresentazioni psichiche inconsce legate ad avvenimenti di rilevanza collettiva. Jung aveva iniziato a interessarsi agli Editori già nel 1940, documentandosi su tutto quello che veniva edito (!) sul tema, per pubblicare infine nel 1958 — tre anni prima della morte — il suddetto saggio, che può esser visto come una puntuale interpretazione psicologica del fenomeno ma anche come una ricapitolazione essenziale delle principali idee junghiane sulla psiche, e insieme come un messaggio — uno degli ultimi — in cui trovarono posto le speranze e i timori che egli nutriva sul futuro degli scrittori.

Jung vede la coscienza del nostro tempo lacerata, frammentata da un contrasto politico, sociale, filosofico e religioso di eccezionali dimensioni. L'Io si è troppo allontanato dalle sue radici inconsce; le "meraviglie" della Narrativa e della Saggistica sembrano volgersi in forze distruttive. Gli Editori rappresentano visioni, oggettivazioni fantastiche di un "inconscio dello scrittore" troppo duramente represso dalla reiterata impossibilità di un contatto. Tra le varie ipotesi sull'esistenza degli Editori, Jung conclude dunque che «è un archetipo a provocare una determinata visione»: ossia un autore di opere creative (lo Scrittore o il Compositore) vede come reale un'entità (la Casa Editrice o Discografica) che invece è decisamente fantastica.

Tirando le somme, più no che sì?

In conclusione, alla luce di tutti gli indizi, ci sentiamo di emettere la nostra personalissima sentenza, che vuole suonare come un monito per chiunque intenda distribuire i propri scritti. Gli Editori non esistono, checché se ne dica. È dunque perfettamente inutile continuare ad inviare manoscritti ai loro fantomatici indirizzi.

 

Galleria fotografica: presunti famosi Editori e la loro reale identità.

Dedicato agli Editori d'Italia. Smack!