Buongiorno,

vorrei presentarvi la mia ultima uscita, un romanzo dalla doppia anima a cavallo di due emisferi: un poliziesco ambientato in Australia (Sydney) con un’appendice di stampo drammatico ambientata in Russia (San Pietroburgo). Tecnicamente una crime story, ma capace di toccare più generi letterari e corde emotive.
Come sempre, l’ho scritto, editato, impaginato e copertinato da solo, e sempre da solo me lo distribuisco senza editori né librerie, al pari di tutti gli altri miei libri.

È disponibile in formato cartaceo tramite Amazon, con la novità della versione e-book in omaggio (grazie a un codice presente sul retro di copertina): comprando il libro, si offre al lettore il “diritto” di possederlo in qualsiasi versione.

All’imbrunire

di Luigi Manglaviti
350 pagine - brossura - 12,90 euro
Romanzo
ISBN: carta 9788865010136, ebook 9788865018194

Pubblicato al pari del precedente in una rarissima data palindroma (12.02.2021), il libro è nato da un quesito che mi sono posto da sempre: ma in letteratura un investigatore deve per forza rimanere tale senza mai deviare dal suo cammino, inseguire il crimine e l’ingiustizia fumando, bevendo e soffrendo d’insonnia fino al giorno in cui stramazza a testa in giù nella minestra, oppure può raggiungere prima un momento in cui la saturazione ha il sopravvento, e la sua esistenza prendere un’altra strada?
Dalla sfrontatezza nel voler assecondare ed esplorare la seconda ipotesi ha preso il via “All’imbrunire”, romanzo che riesce a rinfrescare tematiche ben conosciute, ad aprire nuove piste in terreni abbondantemente tracciati.

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“La nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo”: si comprende un’epoca solo dopo la sua conclusione. La metafora di Hegel si può applicare alla vita di un uomo: la comprensione di un’esistenza può iniziare solo alla luce del senno di poi. “All’imbrunire”, appunto.

IL PLOT

Il lettore non ha davanti il consueto detective alla Marlowe che assiste obtorto collo al lento inesorabile crollo dei sistemi valoriali: il protagonista principale, investigatore privato ed ex poliziotto quasi 60enne, è già oltre quella soglia. Appartiene alla genia di uomini ruvidi e battuti dal vivere, pieni di lividi nell’anima come ex pugili dell’esistenza e tuttavia ancora capaci di fascinazione, eterni dilettanti con molte avventure da raccontare… se solo ne avessero voglia. E lui non ne ha. È chiuso in una sorta di limbo, “si lascia campare”. Inoltre con il progredire della trama diviene centrale la figura della co-protagonista, una ispettrice dalla moralità sui generis.

Senonché proprio quel limbo si rivela una polveriera, e un’inattesa, ravvicinata serie di crimini — quattro omicidi più un ventennale «cold case», un ricatto, una rapina (“Quel che non succede in cent’anni può accadere in una settimana”, per parafrasare il detto) — lo costringe a rimettersi in gioco un’ultima volta, malvolentieri, facendogli comprendere quanto sia ormai fuori posto nei panni del mestiere.

È l’ultima goccia: nella seconda parte del romanzo, in cui l’opera cambia totalmente registro, il primo vero tentativo di ricominciare a vivere va a vuoto, consentendogli tuttavia di mettere a fuoco quali siano le sue vere priorità.

In sintesi: un giallo d’azione che non disdegna l’ironia, con dialoghi brillanti, fondendo la forma del racconto noir con temi geopolitici.

Ambientazioni esotiche: Australia e Russia

Non è un’opera facilmente inquadrabile. Intanto per le ambientazioni, Australia e Russia, agli antipodi fra di loro ma anche rispetto al nostro familiare, rassicurante Occidente atlantico (ma le ingiustizie sono indifferenti alla latitudine: cambiano solo la temperatura e il fuso orario).
Poi per il plot: l’introspezione bilancia i colpi di scena e gli intrecci che ritualmente sfidano il lettore alla soluzione del caso. E non si chatta col cellulare né s’intercettano chiamate, non si cercano tracce di DNA né vi sono scienziati sulle scene dei crimini. A risaltare è anche la volontà dell’autore di andare al di là della classica architettura narrativa congegnata come un cronometro tipica del thriller, dipanando molti fili per poi congiungerli al momento topico: il delitto, l’inganno e il ricatto sono innanzitutto eventi dell’anima (il protagonista stesso nasconde a tutti qualcosa di scabroso, e il leit motiv assoluto rimane l’inquietudine).

Inoltre i generi — poliziesco, giallo, dramma, farsa — sono al più un profumo, come un’essenza in una torta. I loro confini non reggono, come d’altronde accade nella moderna industria dell’entertainment, dove sono saltati i confini tra prodotti audiovisivi, libri, fumetti, videogiochi, perché quello che conta è la statura della storia in sé. I canoni di genere, dunque, si dissolvono, per ricombinarsi in un gioco a incastro che, come un cubo di Rubik, mostra sfaccettature diverse: è un giallo per intellettuali? Un romanzo storico postmoderno? Una sceneggiatura per una serie drammatica? Una parabola sociologica? Uno spaccato generazionale? Un saggio filosofico? Un viaggio all’indietro nella genetica culturale di due diversi continenti? Impossibile — e superfluo, in fin dei conti — rispondere: l’indagine poliziesca viene bypassata e quasi diventa veicolo per una doppia indagine sociale e relazionale.
Così come è impensabile svincolare il passato, anche in un mondo ottimisticamente proiettato in avanti: la vicenda si svolge nell’anno 2000, albori di secolo e di millennio nella Sydney da cartolina che si appresta alle Olimpiadi e nella grigia San Pietroburgo post-Eltsin, quel 2000 figlio di primo letto della fiducia progressista di fine Novecento non ancora mandata a monte dall’11 Settembre e dalla Grande Crisi dei Subprime. Si respira l’aria della “fine della Storia” di Francis Fukuyama, l’accademico che aveva teorizzato la fine delle guerre e il definitivo trionfo della democrazia liberale, ma con radici che affondano profondamente nel passato, un passato che riemerge attraverso flashback a fine Anni ’70 e a metà Anni ’90, epoche cui risalgono sia i traumi del protagonista che gli enigmi che fanno da innesco alla trama. Ieri, avant’ieri e oggi: tutto si tiene, irrisolto e senza redenzione, mentre il domani è nitido solo per gli altri — beati loro.

Chi legge può seguire il divenire del giallo prima e del dramma poi, ma anche assaporare qua e là riflessioni e riferimenti alla condizione umana, nonché a temi politici e sociali che già all’epoca contenevano in nuce alcune delle tensioni geopolitiche attuali — tutti elementi di cui il romanzo impone senza alcun moralismo la memoria e un necessario, lucido recupero ripulito dalle ragnatele ideologiche.

È anche un libro molto “parlato”, quasi teatrale, con quel tipo di dinamismo verbale che, senza scomodare il solito Quentin Tarantino, caratterizza per esempio i dialoghi alla Aaron Sorkin, incalzanti e sferzanti come una commedia sofisticata degli anni Cinquanta, fatti di battute a raffica, talvolta affilate come lame, a ogni battuta corrisponde una controbattuta e a ogni controbattuta corrisponde un’altra controbattuta, talvolta articolate e dense di retorica.

Tutto questo e molto altro è “All’imbrunire”. Prosa ricca, dialoghi serrati, buona tensione narrativa, ambientazione generosa di particolari. Un romanzo “visivo”, vivido e convincente, brillante e stratificato, di piacevole lettura perché la scrittura scorre via fluida, con ritmo. E che in virtù della sua doppia anima, vestendosi d’un manto saggistico nella seconda parte, aiuta a farsi delle buone domande sul mondo in cui abbiamo vissuto fino a meno di una generazione fa.

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LUIGI MANGLAVITI (classe 1963), pubblicitario e scrittore, vive e lavora a Reggio Calabria. Dal 1986 produce romanzi, saggi e racconti. I suoi libri più noti sono il romanzo “L’Uomo Nuovo” (2005, due ristampe) e i saggi “«D’io.» Il Messaggio perduto di Yeshua” (2007, da allora arrivato alla terza edizione) e “Cerco il Figlio” (2011). È stato il primo autore italiano in self-publishing a essere venduto su Amazon. “All’imbrunire” è il suo 19.mo titolo. Il sito web: www.mangla.it